Anche noi con Cristoforo Colombo

Qualche settimana fa, durante l’ora di storia, noi della 2A, della SSPG di Dro, è come se ci fossimo imbarcati con Cristoforo Colombo, uno tra i più importanti protagonisti delle grandi scoperte geografiche a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Il famoso navigatore ed esploratore genovese voleva raggiungere il Catai e Cipango, circumnavigando la Terra da occidente. Dapprima chiese i finanziamenti per le sue esplorazioni al re Giovanni del Portogallo, ma non ottenne nulla; così tentò con i re di Spagna. Dopo lunghe trattative, grazie all’appoggio della regina Isabella di Castiglia, i reali accettarono di finanziare l’impresa e finalmente Cristoforo Colombo partì per raggiungere le Indie il 3 agosto 1492.

Con lui abbiamo immaginato di partire anche noi e abbiamo scritto dei testi fingendo di essere un marinaio dell’equipaggio di Colombo.

Abbiamo letto tutti i racconti e il più bello è risultato quello di Francesco…..anzi del marinaio Francesco Chistè! E l’illustrazione è del marinaio David Tosi.

Buona navigazione a tutti.

 

Palos, 3 agosto 1492

“Si salpa!” sentii gridare. Allora mi sbrigai a salutare Lisa ed i ragazzi, mi girai e, agitando la mano, salii sulla Santa Maria.

“Levate l’ancora, spiegate la grande vela!” urlò il comandante in seconda, scendendo dal ponte di comando.

Subito incominciammo a muoverci, seguiti dalla Pinta; la Niña, invece, stava ancora spiegando le vele.

Con il cuore in gola, partimmo verso il “Mare oceano”.

Fino alle Canarie fu piuttosto facile, con poche onde, ma buoni venti.

Finito con i grandi rifornimenti, prima di ripartire, Cristoforo Colombo annunciò a gran voce: “Da qui in poi non sappiamo cosa ci aspetta e questo mare non è mai stato esplorato, ma se staremo uniti ce la faremo!”

Tutti, compreso io, applaudirono.

Partendo da quell’ultimo porto, dissi addio all’ultima isola che avrei visto per almeno un mese!

I primi giorni di viaggio continuammo a vedere gabbiani ed altri uccelli che di solito volano intorno alle isole e ciò ha piuttosto aiutato, emotivamente parlando.

Ma improvvisamente il cielo si oscurò ed una tempesta ruppe la tranquillità del momento. Purtroppo fu inevitabile il distanziamento delle navi con delle onde alte più di cinque metri.

Anche se eravamo tutti esperti marinai, tutto quello sballottamento di qua e di là ci fece star male, anche perché durò diversi giorni.

Alla fine della tempesta avevamo fortunatamente solo qualche ferito; pensavamo che il peggio fosse passato, ma ci sbagliavamo di grosso.

Cosa c’è di peggio di giorni di tempesta? Giorni di bonaccia: giorni e giorni di bel tempo, mare piatto, e senza un filo di vento!

Per due giorni e due notti rimanemmo fermi, con qualche spostamento qua e là grazie alle correnti, ma niente di che.

Poi, per grazia di Dio, il vento tornò a gonfiare le vele ed il viaggio poté proseguire.

Dopo il primo mese le provviste cominciavano a scarseggiare ed alcuni marinai ed amici si ammalarono di una strana malattia, che il medico di bordo chiamava scorbuto. Fortunatamente poteva essere curato con le ultime verdure rimaste.

Una mattina presto, verso l’alba, dopo più di due mesi dalla partenza, successe una cosa terribile: un enorme animale sfondò lo scafo della Niña e un brivido di terrore passò di nave in nave, come il vento.

Proprio quando ogni speranza sembrava perduta, la vedetta gridò a squarcia gola: “Capitano! Terra in vista!”

Tutti corremmo a prua, per vedere la salvezza in avvicinamento. Ci sembrava impossibile e il nostro cuore batteva forte. Ma era tutto vero.

Presto potemmo gettare l’ancora e calare le scialuppe.

Mentre ci avvicinavamo alla costa, due canoe ci vennero incontro.

Io stringevo il mio archibugio, e pregavo intensamente: “Signore, fa’ che siano pacifici!”.

Era la mattina del 12 ottobre 1492.

 

Il giornalista della 2A della SSPG di Dro – Chisté F.